Dolci Tipici Catanesi

La tradizione contadina e religiosa nei dolci siciliani

La tradizione dolciaria siciliana, nasce nelle famiglie contadine. Erano le donne, che in occasione delle feste religiose e famigliari, preparare i dolci previsti per tali ricorrenze. La nascita del primogenito maschio veniva festeggiata regalando trecce di zucca candita legata con un nastro rosso, un segno contro il malocchio. Sempre in ambito contadino, il dolce nasce come "pane speciale", diverso da quello giornaliero, preparato per variare l'alimentazione e per festeggiare il giorno di riposo, la Domenica.

Un'altra fonte di "ispirazione" dei dolci siciliani è l'albiente monastico: i dolci venivano inventati dalle monache di clausura siciliane, e venivano tramandati di generazione in generazione fino ad arrivare ai giorni nostri. Nascono appunto da loro la maggior parte dei dolci siciliani preparati in occasione della Pasqua e della settimana santa, della commemorazione dei defunti, del Natale.

Frutta Martorana

La frutta martorana, vera icona della pasticceria dell’isola. Anche se il marzapane è una ricetta araba, che risale al ‘200: un impasto di mandorle e miele, legato con albume d’uovo e aromatizzato con fiori d’arancio e cannella.

Il nome frutta di Martorana,deriva da quello di un convento nelle vicinanze di Palermo (convento della Martorana) dove le suore di clausura preparavano dei dolci di marzapane per la commemorazione dei defunti, dandogli la forma di frutta e verdura talmente somigliante da farli sembrare veri.

La tradizione delle famiglie palermitare di acquistare questi dolci novembrini si diffuse ben presto in tutta la Sicilia ed oggi la frutta di marzapane è diventata una vera e propria arte, non solo pasticcera, ma anche artistica in quanto per confezionare questi dolci il pasticcere deve essere un vero e proprio artista.

Frutta Martorata

Piparelle

Biscotti croccanti al cacao con mandorle, leggermente piccante per l'aggiunta di spezie. Forma a fetta tagliata di sbieco, cioè biscotti a forma di fettine di pane, eseguiti con ingredienti naturali quali farina, cioccolato, albumi d’uovo, mandorle e pepe nero, che si possono gustare inzuppandoli nel vino o nel mosto.

Piparelle

Rame di Napoli

Non si ha certezza della data esatta o del luogo di provenienza ma si sa di certo che sono prodotti solo in Sicilia, per il periodo della ricorrenza dei morti.

Molto probabilmente la loro nascita risale al Regno delle due Sicilia, sotto l’impero Borbonico. In quel periodo (metà del 1700) con la unificazione del Regno di Napoli con il regno di Sicilia, Re Carlo di Borbone , già re di Napoli, e a seguire gli altri, non potendo emettere monete di oro e argento come in precedenza visto il crescere della popolazione, pensarono bene di coniare alcuni tipi di moneta usando la lega di rame. Tali monete rappresentavano le monete più povere cioè più piccole nella scala dei valori dell’allora unità monetaria.

Il popolo riprodusse in cucina le monete di rame usando, come poteva fare, materiale povero per la ricetta; anche se oggi la ricetta di un tempo è stata modificata, sia nelle dimensioni, oggi più grandi, e sia nei contenuti. L’antica ricetta prevedeva: farina, cacao amaro, zucchero, ammoniaca, patate, strutto e marmellata o di arance o di fichi.

Oggi a quanto sopra si sono aggiunti i pistacchi e al posto della marmellata all’interno, troviamo la nutella.

Cosa strana è che questo dolce pur avendo il nome della città partenopea, e per l' appunto a Napoli del tutto sconosciuto.

Rame di Napoli

Nzuddi

Traduzione dialettale di “Vincenzi”, sono biscotti secchi profumati con scorza d’arancia e decorati con una mandorla sopra, l’impasto è fatto di: acqua – farina – miele – latte e scorza d’arancia.

Si chiamano proprio così perché erano prodotti dalle suore Vincenziane. Le suore vengano da un ordine ispirato dal santo San Vincenzo de Paoli, nato in Francia, a Pouy, il 24 aprile del 1581 e morto a Parigi il 27 settembre del 1660. Canonizzato nel 1737. L’ordine delle Figlie della Carità risale al 1633 con la collaborazione di Santa Luisa, erano suore non più chiuse nei conventi ma sparse nel mondo a servizio dei poveri.

Sempre relativa al nome di questi dolci esiste anche un altra versione, cioe' che il loro nome deriva da Vincenzo Bellini come tiene a sottolineare il critico gastronomico Pino Correnti, che facendo ricerche in materia è risalito al periodo in cui il cigno catanese, all’età di 6 anni, “componeva la sua prima cantica, sgranocchiando questi dolci ai quali in seguito fu dato il suo nome”, e a tale proposito, i catanesi, rifacendosi alla dolcezza dei “N’Zuddi” e al suo derivato nome, soprannominarono Vincenzo Bellini “N’Zuddu” per esprimergli l’ammirazione per la bellezza dei suoi lineamenti e la dolcezza della sua musica

Attualmente i biscotti si producono solo a Catania e per il breve periodo antecedente e poco successivo alla ricorrenza dei morti, il 2 novembre.

Nzuddi

Biscotto a esse (Viscotta da' Monaca)

Biscotto molto cotto aromatizzato al seme di anice.

Il biscotto a "s", conosciuti anche come "biscotti della monaca", può essere considerato il biscotto "catanese" per antonomasia. Infatti, generazioni di catanesi sono cresciute con il biscotto ad "s" ridotto in polvere che mischiato al latte veniva preparato come "pappa".

Viscotta da' Monaca

Olivette di Sant'Agata

Sono il tipico antichissimo dolce che si prepara nel periodo Agatino (febbraio e mezz'agosto). Rappresentano la leggenda popolare dell'oleastro (olivo selvatico). Mentre conducevano S. Agata davanti a Quinziano per essere processata, la vergine si chinò per allacciarsi un calzare, in quel luogo sbocciò come per sortilegio un oleastro i cui frutti, dopo il martirio e la morte della fanciulla, furono raccolti dai concittadini e conservati come reliquie o dati come miracoloso farmaco agli ammalati. A ricordo di questa leggenda nel 1926, nell'XIII centenario della traslazione delle reliquie di Sant'Agata da Costantinopoli a Catania, nella piazzetta del santo carcere fu posto un ulivo.

Olivette di Sant'Agata

Minnuzze

Piccole cassate a forma di seno, sono i dolci tipici, insieme alle "olivette", della festa di Sant'Agata a Catania. Hanno un significato preciso, in quanto ricordano l'orribile amputazione dei seni che la santa catanese subì durante il suo martirio nel III sec. d. C.

Minnuzze

Nciminati (Biscotti con il sesamo)

Gustoso biscotto al sesamo di antica tradizione siciliana. Ottimo da gustare accompagnato, con il Moscato passito di Pantelleria, con la Malvasia delle Lipari e con lo Zibibbo. Ingredienti: farina 00, zucchero, latte magro, margarina, miele, marmellata, vaniglia e sesamo.

Per le strade di Catania nel periodo del dopo Guerra, si trovavano diversi venditori di questi gustosi biscotti che li facevano gustare appena sfornati.

Nciminati (Biscotti con il sesamo)

Totò

I “Totò” – diminutivo siciliano del nome Salvatore – sono simili alle Rame di Napoli, per quanto riguarda l’ impasto, ma hanno una forma diversa (forma sferica) e inoltre anziché essere ricoperti di cioccolato fondente, sono ricoperti di cioccolato liquido.

Bersagliere e Biscotto Regina

Biscotti del periodo dei defunti, sono dei biscotti morbidi aromatizzati con i semi di finocchio, la differenza fra il bersagliere e il biscotto regina stà nel fatto che, mentre il primo è ricoperto da una glassa al cioccolato, l’altro è ricoperto da una glassa bianca aromatizzata al limone.

Misto Umberto

Non è altro che il classico “pezzo duro” cioè una fetta di gelato zuccotto formato da diversi gusti, da qui il nome misto, che i catanesi per la bontà di questo gustosissimo gelato, gli hanno voluto dare il nome dell’ ultimo Re d’Italia.

Misto Umberto